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INTERVISTE 2013
ASSASSINIO PREMEDITATO
Giovanna Canzano intervista Francesco Paolo d’Auria sull'assassinio di Benito
Mussolini - 26 aprile 2013
Canzano
- 1 - Fra pochi giorni ricorre il 68esimo anniversario della
morte di Benito Mussolini; cosa ricordi di quei giorni?
Francesco P. d’Auria - Non
dimenticherò quei giorni di sgomento e di paura. Io vivevo a Laglio, un paesino
lungo la Via Regina, che costeggia il bellissimo lago di Como. Quel lago doveva,
in quei giorni, diventare il teatro di innumerevoli efferatezze. Sembrava che
tutti fossero diventati vittime del fascismo, che tutti avessero vinto la
guerra, c’era un festival di patrioti, coccarde tricolori, corsa a procurarsi
delle armi,ad arruolarsi nelle formazioni partigiane. Si sentivano tutti amici
degli americani e degli inglesi al punto che le ragazze abbracciavano i soldati
e si concedevano con desiderio; gli uomini osservavano compiacenti. Ricordo il
moltiplicarsi di bandiere fabbricate in fretta: erano fatte a strisce
orizzontali, la prima striscia era la bandiera americana, la seconda quella
inglese, poi la bandiera sovietica con l falce e il martello (era la prima volta
che la vedevo) e la bandiera italiana ma senza lo stemma dei Savoia. Avevano
dimenticato la bandiera francese, senza dire di quella polacca, greca,
Jugoslavia ed altre. Così l’Italia celebrava la sua grande giornata di vittoria!
Per chi non gioiva c’era la tristezza di osservare anche questa forma di
servilismo e di degrado. Le bandiere si tenevano in mano o si infilavano sul
manubrio della bicicletta o si appendevano alle pareti esterne di case e negozi.
Quando il 28 aprile si sparse la voce: “l’han cupà el Dus”, ricordo un barcaiolo
che costeggiava la riva urlando questa frase, la gente andò in delirio.
Canzano -
2 - Ma oltre all’annuncio del barcaiolo, cosa si diceva?
Francesco P. d’Auria - Si disse che
era stato condannato da un “tribunale del popolo” e che Mussolini “tremava di
paura” di fronte al plotone di esecuzione. I giornali ufficializzarono queste
versioni con articoli dispregiativi. Se ne dissero tante ma la realtà è stata
per lunghi anni nascosta. Ora tutto è più chiaro anche se ufficialmente non
viene detto e si continua a ripetere la versione falsa della Unità.
Canzano -
3 - Quale sarebbe questa verità che sta finalmente emergendo?
Francesco P. d’Auria - Come in tutte
le cose la verità emerge pian piano anche se ostacolata da chi non vuole che la
si conosca. La favola del “tribunale del popolo” è una fandonia così come anche
la favola che la decisione fosse stata presa da Longo, Valiani e Pertini. É
possibile che si siano sentiti telefonicamente, come hanno detto, ma non è
assolutamente credibile che siano stati loro i mandanti di quella esecuzione
affrettata. I documenti che son oemersi in seguito lo dimostrano.
Canzano - 4 - Di quali documenti
parla?
Francesco P. d’Auria - Due in
particolare. Nel 1995, fu rivelata l’esistenza di una registrazione delle
conversazioni fra Churchill e Roosevelt, in data 29 luglio 1943, che erano state
intercettate dai servizi tedeschi ma non divulgate per tema di rivelare la
conoscenza dei codici inglesi. Prassi normale in questi casi. Questa telefonata
era comunque già stata menzionata, nelle sue linee essenziali, da Churchill
nelle sue memorie pubblicate negli anni del dopoguerra. Io ne ho una edizione
del 1960 ma è possibile che in Inghilterra vi siano state edizioni precedenti
che non conosco. Si resta stupefatti a leggere il testo di questa conversazione
telefonica. Ma di ciò diremo in seguito. L’altro documento è il comunicato della
conferenza di Casablanca del 12 febbraio 1943, molti mesi prima della tragedia
dell’Italia con la resa senza condizioni e l’arresto di Mussolini.
Canzano - 5 - Puoi spiegare meglio?
Francesco P. d’Auria - Certo. Occorre
leggere il testo del documento di Casablanca, quando ancora la guerra era in
bilico ma le truppe dell’Asse avevano subito i primi rovesci a El Alamein e poi
in Tunisia dove ancora si combatteva. Ma i due compari, due autentici criminali
di guerra, si riunirono a Casablanca per lanciare una potente offensiva
propagandistica. Volevano inviare al popolo italiano il messaggio che le
sofferenze erano appena cominciate, i bombardamenti avrebbero raso al suolo le
città italiane ma tutto ciò non era diretto contro la popolazione bensì
unicamente contro il fascismo e, in particolare, Mussolini. Il testo diceva:
“….. l'unico presupposto dal quale partire per trattare con i governi dell'Asse
sarà quello stabilito qui a Casablanca e cioè la "Resa Incondizionata". La
posizione intransigente che abbiamo assunto non riguarda i popoli delle nazioni
dell'Asse a cui non faremo alcun male, ma soltanto i loro colpevoli e barbari
capi….”
La dichiarazione di Casablanca era dunque diretta ai paesi dell’Asse o del
tripartito già dati per sconfitti ma, in realtà, l’attenzione dei due Capi di
governo era concentrata sull’Italia della quale ben conoscevano le condizioni di
vita precarie, in totale mancanza sia di materie prime per la fabbricazione di
armi che di rifornimenti alimentari per la popolazione. Essi ben sapevano che le
condizioni di vita del popolo italiano erano quasi insopportabili e che, di
conseguenza, le sue capacità di resistenza erano scarsissime. Con la
dichiarazione di voler perseguire “soltanto i capi colpevoli e barbari”, si
intendeva allontanare il consenso della popolazione dal regime fascista, facendo
intravedere soluzioni di compromesso con cui l’Italia, addomesticata, poteva
agevolmente uscire dal tunnel in cui l’improvvido Mussolini l’aveva condotta.
Un duro avvertimento, quindi, rivolto soprattutto al popolo italiano, che
Roosevelt definiva “populace” (“plebaglia”), al quale si lasciava intravedere la
speranza di farla franca se solo avesse disgiunto il suo destino dal barbaro
Mussolini. Che invitante opportunità, che occasione da non perdere!
Canzano - 6 - Ma l’avvertimento era
per i popoli dell’Asse!
Francesco P. d’Auria - Che
l’avvertimento minaccioso fosse rivolto all’Italia è reso più che evidente dal
fatto che ben altro programma (Il piano Morgenthau) era già in preparazione per
l’annientamento della Germania.
Canzano - 7 - E le intercettazioni?
Francesco P. d’Auria - Lo scopo della
telefonata, fatta, mi ripeto, il 29 luglio 1943, è solo quello di stabilire di
come sia più opportuno uccidere Mussolini. Non si parla di colpe abominevoli da
espiare sul patibolo, si parla solo di come ucciderlo o farlo uccidere senza che
l’immagine di Roosevelt subisca danni di immagine di fronte all’elettorato. É un
discorso alla Al Capone quando costui, con i suoi adepti nel crimine, decise di
far fuori la concorrenza nella famosa “notte di S. Valentino”. Non è chiaro
quali fossero le colpe di Mussolini agli occhi di Roosevelt ma è un fatto che si
è dato da tutti per scontato che Mussolini abbia commesso colpe imperdonabili,
evidentemente molto più gravi dei misfatti dell’amico Stalin che Roosevelt
coccolava. Fin dal 1935, anno della conquista dell’Abissinia, quando la
popolarità di Mussolini in Italia e nel mondo era al culmine, Roosevelt
pronunciò contro di lui un discorso di fuoco chiamando Mussolini criminale per
aver osato aggredire un popolo pacifico: gli Abissini! Nel giugno 1940,
l’entrata in guerra dell’Italia contro Francia e Inghilterra, provocò un altro
veemente discorso di Roosevelt contro il Duce. L’espressione “pugnalata alla
schiena dell’amico”, è di Roosevelt.
Tornando alle intercettazioni, da queste traspare un implacabile odio a cui
segue una inesorabile vendetta verso l’Italia e verso la persona stessa di
Mussolini. Una vendetta non provocata da danni subiti dagli USA; non fu
necessario stabilire i crimini e nemmeno articolare accuse ma fu considerato
sufficiente stabilire, per decisione suprema, che Mussolini fosse il colpevole
da impiccare all’albero, come nei film western.
Canzano - 8 - E come si arrivò alla
uccisione del Duce?
Francesco P. d’Auria - La Conferenza
di Casablanca ebbe luogo nel febbraio 1943 ma Churchill, all’indomani della
battaglia di El Alamein, in un memorandum del 25 Novembre 1942, riportato nelle
sue memorie, (Closing the Ring) scriveva che occorreva provocare una divisione
fra il popolo italiano e il governo fascista, ripetendo ossessivamente il tema
della guerra fatta al fascismo e non al popolo italiano che viceversa si
intendeva “liberare”. Da Radio Londra Il tema della “liberazione” divenne
martellante mentre dagli aerei, con le bombe, piovevano volantini con la
scritta:
“UN SOLO UOMO É LA CAUSA DELLE VOSTRE SOFFERENZE: MUSSOLINI”
Così la propaganda inglese riuscì ad alienare le simpatie del popolo italiano
per il Duce del fascismo!
Il 26 luglio 1943, Churchill, immediatamente informato del voto del Gran
Consiglio, senza indugi, passa a stabilire con il Presidente Roosevelt i termini
della resa che entrambi consideravano imminente.
Dunque, il mattino seguente l’arresto di Mussolini, mentre i giornali
sbandieravano il “LA GUERRA CONTINUA”, i Capi di governo degli USA e della Gran
Bretagna erano già pronti con una bozza dei termini di resa.
Al punto 12 del memorandum Churchill scrive: “La consegna del "Capo Diavolo, con
i suoi principali accoliti nel crimine, per dirla come il Presidente (Roosevelt
n.d.a.), deve essere considerato un obiettivo preminente per il quale dobbiamo
sforzarci con tutti i mezzi in nostro potere, fin quasi a mettere a rischio le
immense prospettive che sono state definite nei paragrafi precedenti. Può darsi
che i criminali possano fuggire in Germania o Svizzera oppure arrendersi o
essere a noi consegnati dal Governo Italiano. Una volta in nostre mani, dobbiamo
decidere adesso, in consulto con gli Stati Uniti e, dopo accordo con loro, con
l’Unione Sovietica, quale trattamento dovrà essere loro inflitto. Alcuni
preferirebbero una esecuzione immediata, senza processo, eccetto per la
identificazione. Altri preferirebbero che fossero tenuti in carcere fino alla
fine della guerra in Europa e il loro destino deciso insieme a quello di altri
criminali di guerra. Personalmente, (dice sempre Churchill) io sono del tutto
indifferente su questo argomento purché non debbano essere sacrificati dei
vantaggi militari per il gusto di una vendetta immediata.”
Come si legge, siamo al 26 luglio e Churchill con una freddezza da consumato
sicario, discetta banalmente su come uccidere il Duce sempre senza spiegarne il
motivo.
Canzano
- 9 - Fu dunque Churchill il mandante?
Francesco P. d’Auria - No, il vero
mandante era Roosevelt, Churchill intendeva unicamente compiacere Roosevelt al
quale era obbligato per averlo salvato dalla sconfitta.
Quanto sopra non può che lasciare sbalorditi. Due Capi di Governo, oberati da
mille incombenze e responsabilità, non avevano di meglio che autonominarsi
ufficiali accusatori e, contemporaneamente, vestire la toga e arrogarsi il
potere di giudici per poi, sempre gli stessi, infilarsi il nero cappuccio del
boja sempre senza formulare alcuna accusa ma individuando un capro da
sacrificare sull’orrendo altare del loro odio e della loro inesorabile vendetta.
Ma perché? Benché non si discuta mai abbastanza in dettaglio di questo argomento
e non venga mai affrontato il problema di stabilire la verità su questa parte di
Storia immersa nelle nebbie albioniche e nelle reticenze della cosiddetta
“resistenza” italiana, si da per scontato che Mussolini fosse un criminale di
guerra da eliminare senza misericordia e senza nemmeno quella parvenza di farsa
legale messa in scena a Norimberga; nemmeno uno straccio di “tribunale del
popolo”! Nulla, non ci fu nessun Saint Just ad accusarlo ma solo una spietata
esecuzione che altro non è se non un criminale assassinio! Bisogna risalire ai
Sommi Sacerdoti e al “processo” a Gesù Cristo per trovare segni di tanta
disumana ferocia e di tanta ossessiva sete di sangue che non ha riscontro
neppure fra le belve più sanguinarie. Perfino la Inquisizione dava spazio ad
“avvocati del diavolo”, a ravvedimenti, ritrattazioni e abiure ma i due anglo
compari no. Volevano la morte di un Uomo, considerato inesorabile nemico,
temendo solo possibili contraccolpi elettorali sui poveri illusi che credevano
ai giuramenti democratici dei rappresentanti del popolo e che, lo dice lo stesso
Roosevelt, guardavano a Mussolini con simpatia; si immagina ne avessero avuto
qualche ragione! Sono noti gli eccessi di Stalin e i dettagli di molti assassini
o eliminazioni di avversari, ma Stalin non sottilizzava sul suo personale
tornaconto in termini di popolarità! Era altrettanto feroce e disumano ma non si
nascondeva dietro il dito della convenienza elettorale!
Nessuna giustizia fu concessa all’Uomo che lo stesso Churchill, sempre il 26
luglio 1943, aveva gratificato di un solenne encomio (riportato anche questo
nelle sue memorie) elogiando le sue grandi conquiste e la sua grande visione
politica, prima della entrata in guerra, definendolo “the lawgiver” (colui che
da la legge) e incolpando del suo insuccesso il popolo italiano (Vedi ancora
“The Hinge of Fate”). Giudicare significa applicare la legge; una legge è un
rapporto di giustizia ma quale rapporto di giustizia può emergere da condanne a
morte stabilite per telefono fra due Capi di mafia? Il gatto e la volpe si
comportarono come dei sanguinari capi di cosche mafiose!
Canzano - 10 - Dunque non vi sono
dubbi sulle responsabilità di Roosevelt.
Francesco P. d’Auria - I chiarissimi
obiettivi stabiliti fin dal 26 luglio 1943, successivamente trasferiti nelle
clausole di resa incondizionata, sono la prova certa della volontà omicida dei
due compari: il gatto e la volpe. Certo, i vili sicari furono i partigiani, per
la riluttanza degli anglosassoni ad abbassarsi a compiere quello che loro
definiscono il “dirty job”, ma non vi sono dubbi che gli ordini, la
organizzazione, la direzione e supervisione delle bande di irregolari
provenivano dall’Office of Strategic Services” (OSS, oggi CIA) cioè i servizi
segreti alleati così come non v’è dubbio che la determinazione a compiere
l’assassinio risale a quelle decisioni prese da Churchill e Roosevelt fin dal 26
luglio 1943 e non è neppur lontanamente da pensare che le decisioni di questi
due criminali di guerra potessero essere travisate o disattese.
A conferma di quanto fin qui detto, si riportano alcuni passaggi del testo,
pubblicato negli Stati Uniti nel 1995, della conversazione radiotelefonica fra
Roosevelt e Churchill, a cui quest’ultimo fa esplicito riferimento nel IV Volume
delle sue memorie.
In Italia la si conosce grazie ad Alessandro De Felice che ha pubblicato una
imponente raccolta di documenti nel suo “Il gioco delle ombre”.
(www.alessandrodefelice.it).
Il testo della conversazione del 29 luglio 1943 (per ironia della sorte è il
compleanno di Mussolini) è il seguente:
“Roosevelt: Ho alcuni pensieri supplementari sulla situazione italiana che
volevo discutere con te. Ho pensato alle nostre azioni concernenti Mussolini ed
il suo destino finale. Dopo che egli si sia arreso a noi.
Churchill: Tu devi catturare il pesce prima di cucinarlo. Non ho alcun dubbio
che finirà nostro prigioniero a meno che, naturalmente, essi (gli italiani
n.d.a.) lo uccidano o egli si sottragga alla sua giusta ricompensa suicidandosi.
Roosevelt: C’è anche la possibilità che i Nazisti possano giungere a lui? Dov’è
adesso?
Churchill: Gli italiani ci hanno avvertito che lui è attualmente al quartier
generale della polizia a Roma. Essi lo vogliono trasferire direttamente perché
sembra che i tedeschi potrebbero improvvisamente decidere di rafforzare i loro
effettivi in Italia e Roma diventerebbe il loro bersaglio logico. Essi (gli
italiani n.d.a.) lo sposteranno.
Roosevelt: Ma essi non lo vorranno mollare, e mi riferisco ai tedeschi? Per
quale genere di quid pro quo?
Churchill: Io penso di no. Gli italiani odiano i tedeschi ed il circolo reale è
molto saldamente nella nostra tasca. Noi possiamo essere ragionevolmente certi
che Mussolini finirà nostro prigioniero.
Nota. Il governo Badoglio, mentre l’Italia era in guerra contro gli Alleati,
informava i nemici inglesi sulla vicenda Mussolini. Il “circolo reale”, poi, a
detta di Churchill che parla a ragion veduta, era saldamente “nella tasca” degli
inglesi. Tutto questo mentre gli italiani ancora combattevano e cadevano nel
disperato tentativo di fermare la valanga di ferro e di fuoco che si abbatteva
sull’Italia. Che non si parli, però, di tradimento!
Roosevelt: Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una
specie di megaprocesso che si potrebbe trascinare per mesi e, anche se lo
controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che
molti italiani qui (cioè negli S.U. n.d.a.) sono almeno suoi segreti ammiratori
(orig:”secret admirers of the creature”). Il che porterebbe problemi qui se noi
lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed
egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto
presumendo che noi avremmo un sacco di miserevoli amiconi, disponibili per il
processo e l’esecuzione, ma questo processo potrebbe trascinarsi all’infinito.
Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare.
Churchill: Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin.
Allora ritieni che egli (Mussolini n.d.a.) non si debba processare? Cosa
penserebbero i nostri amici in Italia della nostra mal posta generosità? Io ho
ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono
l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini. Sicuramente noi non siamo in un
momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare
effetto sui nazisti.
Roosevelt: Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista,
un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in
questo Paese. Come ti ho detto c’è qualche solidarietà con la creatura
(Mussolini n.d.a.) all’interno della comunità italiana (negli Usa) e la domanda
sarebbe: che tipo di reazione avrebbe un tale processo su di essi (italiani
n.d.a.)? Io sto pensando essenzialmente alle prossime elezioni qui. Il processo
certamente non finirebbe in una settimana e la chiusura coinciderebbe col
periodo della presentazione delle candidature e, alla fine con le elezioni, ed
il maggior pericolo sarebbe l’alienazione (delle simpatie n.d.a.) degli italiani
che hanno, io sento, un certo significativo peso nella bilancia (dei voti n.d.a.).
OMISSIS
Roosevelt: Io avevo in mente che, dopo che noi stessi troveremo un accordo qui,
potremmo farlo eliminare mentre è ancora loro prigioniero. Allo stesso tempo
potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo.
Canzano - 11 - Così, per telefono,
tre giorni dopo il suo arresto avvenuto il 25 luglio 1943, si eseguì il processo
e la condanna a morte di Mussolini.
Francesco P. d’Auria - Esattamente e,
secondo il loro volere, Mussolini è stato assassinato da sicari compiacenti e
sottomessiquello stesso Uomo per il quale, proprio Churchill aveva espresso
simpatia e ammirazione, dichiarando:
“ Il vostro movimento ha reso un servizio al mondo intero. sembra che ciò che
caratterizza tutte le rivoluzioni sia una progressione costante verso la
sinistra, una sorta di slittamento inevitabile verso l’abisso. L’Italia ha
dimostrato che esiste un mezzo per combattere le forze sovversive che possono
ingannare le masse popolari e che queste, ben condotte, possono apprezzare il
valore di una società civilizzata e difenderne l’onore e la stabilità.
É l’Italia che ci ha dato l’antidoto necessario contro il veleno rosso”.
C’è da restare perplessi e a disagio a pensare che Churchill, quella stessa
persona, stimata in tutto il mondo, che esprimeva i nobili pensieri sopra
esposti potesse, contemporaneamente, discutere banalmente su come conveniva
meglio assassinare un Capo di Governo in disgrazia, se tale assassinio dovesse
essere eseguito prima o dopo un processo e se fosse utile mandare un telegramma
di “copertura” per uscirne puliti e innocenti pur con le mani grondanti sangue!
Nulla di diverso dai capi di Cosa Nostra quando decretano l’assassinio di un
rivale o di un associato infedele.
Si può così capire quanto fossero sensibili la mente e il cuore di questi
lestofanti quando ordinavano ai bombardieri la distruzione delle città italiane,
tedesche e giapponesi.
Si può così anche capire i tantissimi altri assassinii commessi dai servizi
segreti americani dopo la guerra; l’assassinio di Obama Bin Laden, presunto
colpevole di un atto terroristico ancora coperto da troppe nebbie, come anche la
morte di Saddam, per mano di sicari locali (identica soluzione come quella
italiana) sono da considerarsi come fotocopia di tante altre eliminazioni di
stampo malavitoso.
Canzano - 12 - Si sono fatte altre
ricerche?
Francesco P. d’Auria - Si, in
particolare da Giorgio Pisanò. Ricerche condotte per decenni che si sono fermate
alle soglie della verità; il memoriale della signora Dorina Mazzola rievoca con
esattezza quei momenti tragici, quella atmosfera di confusione, di paura e di
attesa che io stesso ho vissuto in un paesino sul lago di Como, a pochi Km dal
luogo della strage. Tutti i paesini e le strade del lago di Como quel giorno
avevano la stessa cupa atmosfera e lo stesso silenzio rotto di quando in quando
da colpi isolati o brevi raffiche di mitra.
Ma ciò che nella descrizione della Mazzola si deve ritenere assolutamente
veritiero, anche perché difficile da immaginare per qualsiasi mitomane, è la
descrizione della presenza di signori distinti, benvestiti, impermeabile chiaro
con cintura, silenziosi e armati solamente di una lussuosa macchina fotografica.
Se non fossero davvero esistiti, la signora Mazzola non avrebbe mai potuto
descrivere, solo con la fantasia, tali personaggi in quel modo. Chi in Italia a
quell’ epoca e in quei luoghi poteva avere vestiti decenti? Non certo i
partigiani o i dirigenti del CLNAI, basta vedere le loro figure alla sfilata
trionfale di Milano! In Italia, in quel periodo, nessuno poteva disporre di
abiti che non fossero residuati di “prima della guerra”. Lo stesso deve dirsi
per le macchine fotografiche. Non esistevano fra la gente comune e certo i
partigiani non avevano servizi professionali per cui le comuni macchinette
fotografiche non avrebbero richiamato l’ attenzione della signora Mazzola!
Canzano - 13 - Quindi sei convinto
che tutto sia avvenuto secondo quanto deciso da Roosevelt due anni prima?
Francesco P. d’Auria - E' evidente
che mai e poi mai i partigiani avrebbero mai potuto trasgredire gli ordini di
chi li teneva al guinzaglio. Non esisteva nemmeno l’idea di andare contro i
“vincitori” tenuti per amici e alleati. Tutti non facevano che compiacerli; per
qual motivo avrebbero dovuto trasgredire gli ordini?
Canzano - 14 - Ma perché dunque
ancora si tiene il segreto su quei fatti?
Francesco P. d’Auria - Riguardo a
quanto qui scritto sull’assassinio di Mussolini, deciso ben due anni prima della
effettiva esecuzione, non deve meravigliare che si sia voluto tenere il segreto
e, per imporlo, si sono usati metodi mafiosi: il terrore della morte immediata!
Questo lo può imporre solo la mafia o gli agenti di alcuni paesi stranieri senza
scrupoli. In Italia, la “talpa”, perfino nella magistratura, è una istituzione
atavica ma sul lago di Como “bocche cucite”! La attenta e puntigliosa disamina
delle incongruità che emergono dal racconto “ufficiale” del famigerato Valerio,
danno all’ultimo libro di Pisanò (Gli ultimi cinque secondi di Mussolini) una
solida base di validità e di veridicità storica.
Il nome dello scagnozzo che effettivamente premette il grilletto diventa di
secondaria importanza. Indipendentemente da chi fu l’esecutore materiale della
incomprensibile e ingiusta condanna, tutti coloro che parteciparono alla
tragedia furono assassini. Per la verità storica è più importante stabilire la
precisa volontà e responsabilità dei mandanti che, da quanto sopra detto, furono
i due Capi delle cosiddette democrazie occidentali; coloro che avevano condotto
la guerra sacrificando alla propria ingordigia, egoismo, e avidità quelle
Nazioni e quegli Uomini che avevano osato contrapporsi al loro sterminato
potere.
Se dagli archivi segreti emergeranno mai le fotografie che sicuramente in quei
momenti saranno state scattate, avremo una immagine del nostro Duce, nei suoi
ultimi istanti di vita, da tramandare alla Storia e alle future generazioni come
il documento del martirio subito con il sogno e l’amore dell’Italia nel cuore.
Che strana libertà è mai quella che vieta
di rimpiangere un tiranno defunto?
Che strano tiranno fu mai quello
se riesce ancora a farsi rimpiangere!?
Leo Longanesi
28/04/2013